Omelia epifania

“Per altra via si ritirarono nella loro regione”: così Matteo descrive il ritorno dei Magi verso casa dopo l’incontro con Gesù.

Nel cammino intrapreso durante la notte hanno sperimentato il fascino del mistero, l’anelito del desiderio, le incertezze del dubbio, l’ansia dei timori, il palpito della speranza…

Si sono dapprima soffermati a con-siderare (cum sidera = stare con le stelle!) con sforzo e intelligenza ciò che la vita è, quanto valga la pena, quale sia il significato delle cose e delle persone, il peso del bene e del male, il valore del tempo e la misura dell’animo.

Hanno poi dovuto apprendere la scelta più grande, quella dell’affidamento alla Parola di Dio che rivelava loro ciò che l’intelligenza poteva solo intuire. Ma in questa fiducia quanta gioia! La mente si apre agli orizzonti più vasti e comprende il vero, il buono, il bello della vita.

Allora ci si innamora di tanta bellezza, si bacia (si ad-ora!) e si abbraccia il desiderio compiuto, si cade a terra (prostratisi!) sazi di beatitudine, di affetto, di serenità.

E non rimane altro da fare o da dire che… donarsi (i tre doni dei Magi!), spendersi in altrettanto bene e in altrettanta bellezza, abbandonarsi all’amore più grande e all’esagerazione della gratuità.

Ecco: questo è proprio il cammino di fede che ognuno di noi dovrebbe ora compiere!

Nella notte della vita, nella notte delle relazioni e delle fatiche, nella notte dell’impegno quotidiano e della lotta di ogni giorno occorre che anche noi impariamo a guardare un po’ le stelle, cioè a guardare in alto e oltre per con-siderare meglio il senso di certi atteggiamenti, la banalità di certe chiusure, l’ottusità di alcune scelte, il male che fanno le ripicche o le invidie o i musi lunghi e costantemente ottenebrati.

Dovremmo poi illuminare tutto ciò con la Parola che ogni domenica ci raggiunge e lasciarci da essa convertire e provocare, senza il timore di doverci mettere in discussione. Se la Parola la conoscessimo davvero e davvero entrasse nei nostri vissuti (tutta la Parola però e non solo quella che ci fa piacere!) che Comunità differente saremmo!

Senz’altro una nuova bellezza ci contagierebbe: quella del volerci più bene, quella del perdono reciproco, quella che concede a tutti una seconda possibilità, quella che permette di ricominciare da capo, quella che non guarda nessuno dall’alto in basso, quella di chi non si sente mai arrivato o… “imparato”, quella di chi non si lega tutto al dito!!

Allora sì che vivremmo veramente di servizio esagerato e non di prestazioni a tempo determinato; allora sì che ci spenderemmo generosamente per il Signore e per la Comunità e non condizionati da preferenze umane o gusti personali; allora sì che impareremmo anche il valore dell’obbedienza che intende superare l’autoreferenzialità per salvaguardare invece un cammino libero da posizioni proprie, un cammino unitario, affiatato e concorde.

L’Epifania ci ricorda dunque che l’incontro con Gesù deve necessariamente farci trovare e percorre UN’ALTRA VIA: è ora, è tempo, è urgente che percorriamo un’altra via mettendo finalmente un “punto a capo” a certi atteggiamenti o prese di posizione. Altrimenti non si va da nessuna parte!

E’  interessante che l’evangelista ci dica anche come i Magi hanno intrapreso un’altra strada nella loro vita. Matteo dice che lo hanno fatto “ritirandosi” che in greco significa quasi divenire degli eremiti, dei monaci che custodiscono in se stessi la novità della propria vita e la risposta per ogni debolezza umana.

I Magi sono ormai uomini differenti e che fanno la differenza; sono al di sopra delle meschinità così come delle rivalità; hanno unificato il cuore e le scelte e non si lasciano più dividere da gelosie o risentimenti; vivono in pace e guardano ormai alla meta grande dell’esistenza che supera e riequilibra ogni acredine o antagonismo o inutile malignità…

Deve essere anche la nostra strada, l’alternativa al percorso attuale. Lo deve essere per tutti e per ognuno, nessuno escluso, insieme, finalmente insieme, con la voglia di cambiare e l’umiltà di metterci in discussione. E proprio questa è la Pasqua: questa faticosa e quotidiana MORTE a noi stessi per imparare a risorgere; che non significa semplicemente tornare a vivere, ma piuttosto vuol dire una esistenza totalmente diversa, totalmente altra, in cui le cose vecchie sono passate, non devono esserci più, per lasciare posto solo a… quell’Altro che ci permette di accoglierci gli uni gli altri!