Pensiero alla città

Festa di Sant’Alessandro Martire

La festa del nostro Patrono ricorre quest’anno in una domenica in cui la Liturgia ci propone la riflessione sul coraggio, sulla fortezza, sulla verità e sulla testimonianza (Mc 6, 1-2. 18-28; 4,17-5,10; Mt 18, 1-10). Niente di meglio per una ricorrenza che intende commemorare il martirio di S.Alessandro in nome della propria fede cristiana. Abbiamo per Patrono, per modello quindi, un Santo che è stato uomo vero, tutto d’un pezzo, coerente con le proprie scelte, capace di essere se stesso senza farsi condizionare dal contesto culturale e sociale nel quale ha vissuto. Forse la nostra Città dovrebbe un po’ meglio imitare questo esempio di vita! Non è azzardato infatti affermare che assistiamo ad un propendere dei singoli e dei gruppi verso una sorta di malcostume che informa gli atteggiamenti, i pensieri, le parole e gli animi: si tratta di una “cattiveria” diffusa che esplode aggressiva e impulsiva appena qualcosa o qualcuno è fuori dal coro, oppure di fronte ad ogni minimo sbaglio o irregolarità, o ancora semplicemente di fronte a ciò che non aggrada immediatamente o non è secondo i gusti di qualcuno… Intendiamoci: gli errori vanno certamente corretti, ma spesso è il giustizialismo a farla da padrone e senza che si sia a conoscenza della realtà dei fatti e tanto meno nel rispetto della dignità delle persone che va comunque e sempre salvaguardata. Sono soprattutto i social a dettare legge in questo ambito: oggi tutto è dibattuto sulle varie piattaforme digitali che sono ritenute ormai le custodi della verità, mentre è risaputo (ma per nulla assunto!) che le informazioni ingannevoli e distorte hanno il solo intento di creare uno scoop e condurre il lettore o l’ascoltatore ad emettere giudizi senza un ragionamento critico, ma unicamente assecondando i propri pregiudizi di comodo o le emozioni del momento.

Purtroppo questo modo di gestire le scelte e di affrontare la realtà sta influenzando (negativamente) tutti gli ambiti delle nostre esistenze:sia quelli personali (distruggendo anche la giusta riservatezza dei dati e delle situazioni) che quelli sociali (basti pensare a come vengono gestite oggi le scelte politiche: a suon di tweet, selfie e snapchat). Tutto secondo la modalità dell’immediato, dell’istantaneo, di ciò che da mattina a sera è già superato perché altre informazioni si sono aggiunte o sovrapposte, tanto che non è neppure possibile tentare un ragionamento o invitare alla logica perché si viene soverchiati da una valanga di insulti o totalmente ignorati dal “sentire” comune. E intanto ciò che è stato messo in rete rimane, con tutto il suo peso di azzardo, ferocia e malevolenza che realmente distruggono, feriscono, azzerano le persone che molto spesso sono dei… “piccoli” cioè gente indifesa o sprovveduta di fronte allo tsunami della rete!
Non comprendiamo che in tal modo sminuiamo la nostra umanità che non è fatta soltanto di intuizione e sentimento, ma anche di pensiero e volontà! In modo particolare, impressiona che molti che si professano credenti usino poi delle piattaforme digitali per esprimere il peggio di sé con arroganza, viltà, mancanza di confronto e mancanza di misericordia, seminando odio, zizzania, falsità e volgarità. Come si fa a dirsi cristiani e poi esprimere giudizi e sentenze che sono spesso la “morte” di persone o situazioni? Come si fa a non rendersi conto che tutto ciò dà scandalo nella comunità cristiana e in quella sociale? Come si fa ad andare in chiesa alla domenica e a fare la Comunione quando in settimana si è denigrato o diffamato qualcuno?

Nella sua lettera ai cristiani di Corinto, Paolo ci ha ricordato che noi dovremmo fissare lo sguardo su cose alte, su realtà grandi, su mete e prospettive autentiche. Quanto siamo lontani da atteggiamenti del genere! E come siamo meschini nella nostra quotidianità! Una Città che ragiona con la pancia, in modo intuitivo, immediato e aggressivo non potrà mai uscire dalle impasse né slanciarsi verso qualcosa di costruttivo e di bello: ci basteranno le sagre e le fiere, i mercatini e le giostre, ma non saremo in grado di prospettare il futuro, di affrontare i disagi, di interrogarci sulle esigenze vere. E questo non è compito appena di chi amministra la Città, ma della Città intera, ossia di ciascuno di noi. La pubblicità della Coca-cola che ci ha accompagnato durante i mesi scorsi ci invitava a ritrovare il gusto di “un mondo senza confini”attraverso il cibo che avrebbe il potere di far avvicinare le persone superando qualsiasi divisione: perché (continuava lo spot accattivante, accompagnato dall’intramontabile “What a Wonderful World” di Louis Armstrong) “quando il mondo segue solo la testa si divide, quando ascoltiamo la pancia ci avviciniamo”. E ancora: “Il cibo è l’unico territorio che non conosce confini”.
Non sono certo d’accordo con tale affermazione che, ovviamente, intende assecondare l’immediatezza delle sensazioni e quindi far acquistare il prodotto! Tuttavia si potrebbe parafrasare lo spot e concludere che può essere persino vero che il cibo (o… la pancia!) unisce: il problema è di cosa ci si nutre! Già il filosofo Feuerbach affermava che “l’uomo è ciò che mangia”: se ci nutriamo di banalità e cattiverie saremo persone di quel livello; se ci nutriamo di verità e di spessore, costruiremo senz’altro un’altra Comunità e un’altra Città.
don Mauro, 26 agosto 2019