Omelia S. Messa nella notte di Natale

Oggi un piccolo fatto insignificante viene prima narrato, poi annunciato solennemente, infine verificato. Significa che questo particolare, questo dettaglio, conta, è da non sottovalutare.
Infatti il Dio-cristiano è il Dio dei dettagli, delle cose piccoline, dell’ordinario: Lui è così piccolo da stare in un grembo di donna; è così insignificante da nascere nel ricovero delle bestie; è così normale che nessuno si accorge di Lui; è così nascosto che solo la notte lo accoglie; è così da poco che soltanto dei pastori lo vanno a trovare; così trascurabile e consueto che la grande storia non ha dediche per Lui…
Tuttavia, ognuna di queste caratteristiche esprime in realtà il segreto delle cose e del tempo:
Infatti, se Dio sta in un grembo di donna, significa che ogni grembo è casa sua; se Dio riposa tra le bestie, vuol dire che non c’è bassezza che lo spaventi; se Dio è normale, allora la quotidianità è il Paradiso; se Dio appare di notte, rivela che non c’è oscurità che sia priva di senso; se Dio è così da poco, denota che le cose piccole sono le più belle; se Dio è trascurabile, vuol dire che la mia libertà è talmente grande da potergli dire anche di no.
La salvezza allora, cioè ciò che ci fa salvi, felici, realizzati, compiuti, non consiste in qualcosa di stra-ordinario: se così fosse vorrebbe dire che l’ordinario è un errore, una sfortuna, un peso…
Piuttosto, la salvezza è una storia ben precisa e concreta: quella di ciascuno di noi!
Non per nulla l’evangelista descrive un contesto storico, un tempo e uno spazio in cui si colloca la nascita di Gesù: corrispondono al tempo della nostra comparsa in questo mondo, della nostra crescita, della nostra adolescenza, dei nostri primi amori e del nostro matrimonio, dei nostri acciacchi e del nostro invecchiare fino al declino della nostra esistenza; corrispondono allo spazio dei nostri contesti quotidiani, dei nostri studi o del nostro lavoro, degli ambiti familiari o di vicinato, dei luoghi di smarrimento o di sofferenza.
Di solito in questi contesti esprimiamo tutta la nostra smania di prevalere, di emergere, di sfondare…; così come di rialzarci, di guarire, di star bene… in una parola di… “salvarci” a nostro modo, di essere felici e dare consistenza a ciò che siamo e abbiamo: è la medesima logica che sottostà al censimento citato da Luca, che appunto aveva lo scopo di contare le forze-lavoro, di calcolare i profitti derivanti dalle tasse, di enumerare le energie per la guerra.
E chi di noi non fa calcoli per sopravvivere? Tanto più se non hai il lavoro o la casa; molto di più se non hai la salute: tanti di noi stanno vivendo questi momenti e oggi non li vogliamo dimenticare!
Ma Dio non fa come noi che magari ci commuoviamo per un istante e poi riprendiamo ad essere quelli di sempre; Lui no! Lui entra proprio in queste storie e in questi spazi logorati dal cinismo, consumati dalla lamentela, abbruttiti dalla mancanza di dignità, chiusi alla speranza, dimentichi di ogni bellezza. Lui vi entra, si… incarna e lo fa cambiandone i criteri dominanti; e ciò non per magia, ma con scelte concretissime, alternative, differenti.
Si tratta, ad esempio, della scelta esser-ci e non di fuggire; ancora, la scelta di stare nel mezzo e non in panchina; e poi la scelta di stare accanto senza vergogna di niente e di nessuno; anche la scelta di impegnarsi, costi quel che costi; la scelta di entrare nel buio per scoprirne il mistero; la scelta di godere di ogni istante e di ogni incontro; la scelta di essere uomo e di esserlo fino in fondo; soprattutto la scelta continua della gratuità che non ha motivazioni se non l’amore!
Per cui tutti i momenti e le situazioni che noi consideriamo improbabili o inopportune sono in realtà l’occasione di Dio, il suo passaggio, il momento opportuno.
Del resto, a pensarci bene è proprio la cosa più difficile considerare ogni fatto o istante o incontro non fortuiti, ma appropriati a noi, corrispondenti al nostro bene, addirittura convenienti! Bisogna essere proprio diversi per non fare come fan tutti; bisogna proprio essere alternativi per vivere ogni contesto come un’opportunità; bisogna proprio essere originali per scorgere un senso in tutte le cose; insomma, bisogna davvero essere… Dio per saper benedire ogni istante e vivere appieno ogni situazione!
La Sua fantasia riesce a rielaborare gli avvenimenti umani, persino quelli negativi o malvagi, per realizzare e compiere il suo capolavoro a cui non può rinunciare perchè Lui è il Dio della promessa e le promesse si mantengono. Aveva promesso da subito, da sempre, di salvare l’uomo, di stare dalla sua parte, di essergli fedele e a questa promessa non viene mai meno e fa di tutto per essere di parola: ci rincorre, ci chiama da mattina a sera, ci sprona, si fa calpestare da noi, si mette al nostro fianco, fa la nostra stessa vita, rispetta le nostre scelte, non teme nè il dubbio nè la fatica, entra nel dolore, muore con noi e per noi…
Quanti dettagli minimi, quotidiani, all’apparenza insignificanti; eppure sono i tasselli del nostro tempo e le intercapedini dei nostri spazi. Per questo c’è bisogno di chi ancora ci narri che una storia così sia possibile; c’è bisogno di chi ci annunci che la vita è costellata di segni che rimandano ad un significato; c’è bisogno di chi abbia occhi, cuore e ardimento per toccare con mano che tutto ciò è vero, reale e possibile per ciascuno.
Nel vangelo di Natale sono l’evangelista, poi gli angeli e infine i pastori che narrano, annunciano, verificano: e questi tre personaggi sembrano sovrapporsi e scambiarsi di ruolo fino ad identificarsi e ciò non a caso! Significa che i pastori stessi alla fine divengono evangelisti e angeli ossia annunciatori di una bella notizia, predicatori (oggi si direbbe storytellers!) di quel Dio che i loro occhi hanno visto e che hanno sprimentato in prima persona.
Forse potrebbe essere questa la consegna (cioè la vera tradizione!) di questo Natale: che ciascuno di noi divenga uno storyteller di Dio, un cantautore della propria esistenza, un evangelista di buone notizie, un angelo di annunci quotidiani…
Troppa bruttezza sta appesantendo i cuori; troppo poca dignità sta deteriorando le cose e le persone; troppa grossolanità e povertà culturale ci stanno facendo smarrire ogni sforzo della ragione; e persino l’ineducazione e la mancanza di finezza la fanno da padroni, e non solo tra i più giovani!!
Ma non possiamo rassegnarci ad un costume generalizzato che sta conducendo il nostro vivere personale e sociale ad un degrado non da poco che semplicemente ci impoverisce, rendendoci ancora più spenti e poco propositivi.
Occorre con urgenza ritrovare un’ANIMA, ossia (appunto) ciò che anima, che fa vivere e smuovere non solo le persone, ma anche le situazioni, la Città, il contesto sociale, gli ambiti di impegno o di svago… e ritengo che soprattutto chi si professa credente dovrebbe avvertire l’ansia di questa ricerca e di questa attesa, unite al desiderio di comunicare, di trasmettere (TRADERE appunto!) quell’autentica bellezza che l’evangelo costituisce, ma che di fatto pochi conoscono veramente: si tratta della bellezza del pensiero, della grandezza della dignità umana, dell’incanto dei sentimenti, della serenità interiore, dell’urgenza di un significato per vivere, del valore immenso delle motivazioni autentiche, della forza della ragione così come della profondità degli affetti…
Il Natale (il cui vero nome è INCARNAZIONE!) ricorda proprio questo: che Dio stesso è CARNE, cioè il valore immenso (divino appunto!) della nostra umanità che quando si svilisce è l’inferno, il vero inferno in terra; quando invece si protende fa di ogni cosa una bellezza infinita.
NativitàGiotto, Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303