SOLO L’ECCESSO SALVA!

Il Natale, di natura sua, non ha nulla a che fare né col buon senso né con il senso della misura. Infatti ricorda la piccolezza di Chi invece noi immaginiamo grande e potente; celebra l’impotenza di Chi noi riteniamo forte; guarda all’in-fante (= chi non sa parlare) da cui noi invece reclamiamo risposte certe; nutre ad un seno di donna Colui da cui noi pretendiamo di avere il necessario.Il Natale è la festa della dis-misura del Dio cristiano che, appunto, non è mai secondo i nostri parametri o i nostri schemi di buon senso comune. Forse è proprio per questo che noi ne abbiamo modificato il significato e addirittura il contenuto, rendendolo più “addomesticato”, più adatto a noi, così che anche la coscienza ne resti acquietata, i doveri di scambio reciproco appagati, le cortesie di circostanza salvate e la tregua della bontà-per-un giorno-l’anno mantenuta.Così facendo però, corriamo il rischio di fraintendere noi stessi, che non siamo al mondo per salvare le apparenze, ma piuttosto per toglierci le maschere e scoprire che la nostra identità corrisponde al DONO (e non per nulla a Natale ci scambiamo dei doni!).Infatti, ricevendo la vita da altri noi ritroviamo la nostra verità originaria: non ci siamo dati la vita, ma l’abbiamo ricevuta in dono; noi-siamo-dono, siamo dei… “donati” fin dall’inizio e se vogliamo essere felici non possiamo far altro che essere-dono, cioè essere noi stessi, perché solo nell’atto stesso di DARCI troviamo la vita, cioè viviamo davvero.Molti non capiscono Dio e non lo accettano proprio perché non hanno mai posto un gesto di vera uscita da se stessi, un gesto di vero dono gratuito, perché solo così ci può essere una qualche sintonia col mistero di Dio.Ecco perché non vi è niente di più impegnativo della gratuità, come amava ripetere il grande Cardinal Martini, perché l’autentico compimento di noi stessi si attua soltanto nella perdita di sé senza la preoccupazione di se stessi, senza la pretesa di un contraccambio, in totale e vera attenzione e servizio all’altro/a…Basterebbe “applicare” una tale dis-misura alla vita di coppia, ad esempio, per accorgersi di quanto questa dimensione sia veramente esagerata, ma anche tremendamente… bella!! E immaginiamo allora se venisse “applicata” ai rapporti sociali o di lavoro o di vicinato o di relazione tra genitori e figli o nella malattia o con chi, in molteplici modi, è diverso da noi… Ma che bello sarebbe!E’ tempo dunque di tornare alla verità delle cose, alla loro trasparenza, e più ancora alla felicità della vita! Perché è solo questo il motivo autentico per cui esistiamo; del resto, se il motivo fosse un altro e meno di questo, non ne varrebbe certo la pena! A cosa servirebbe nascere, crescere, invecchiare e morire? Perché questa parabola esistenziale? Perché proprio così? Non è possibile affrontare la vita per intera senza rispondere a questi interrogativi: il rischio sarebbe di vivere invano!Del resto, di fatto, non c’è giorno in cui noi non ci mettiamo in gioco attraverso tutta quanta la nostra libertà e le nostre decisioni. E ogni giorno vissuto così, vale una vita intera!Perchè allora il nostro passo quotidiano non desidera essere incisivo, calcato? Un passo che segni la strada, che la consumi tutta, che se ne faccia coinvolgere in modo totale… Come è possibile altrimenti, vivere a metà; o amare a metà; o essere felici a metà? Tutti vogliamo cogliere l’intimità di ciò che vive nel profondo delle cose, ma spesso ci mancano occhi di aquila per vedere oltre!In Cina esiste un modo di dire che suona così: Non parlare di Gesù!, che equivale al nostro Non contar frottole. Forse succede anche per noi che Gesù sia una realtà inconsistente, una fiaba per bambini o semplicemente il sinonimo di un po’ di spiritualità o di un po’ di buonismo melense…Dobbiamo invece, tornare a ragionare, ad usare il pensiero per capire in profondità il Mistero della nostra esistenza mutevole e quindi necessariamente relativa a qualcosa o a Qualcuno. Perché se nulla può la razionalità che senso avrebbe appellarsi alla responsabilità, al dovere, alla morale? (Niklas Luhmann).Se un mondo nuovo non è ancora iniziato, forse è un po’ colpa nostra: di noi che dovremmo possederne il segreto contagioso e fare quotidianamente un’esperienza di pienezza che fa della vicenda umana qualcosa di profondamente interessante, che incuriosisce, perché diviene prolungamento di questo Mistero nella storia.Infatti tutto, ma in particolare la nostra vita, è trasparenza di un’intima natura che non può non affascinarci: io sono un Mistero! E’ intrigante che questa affermazione provenga dalle riflessioni di uno psicoterapeuta dichiaratamente laico come Vittorino Andreoli (V.Andreoli, “Lettera a un adolescente”, 2004). Ma possiamo andare ben oltre e aggiungere che io sono proprio un bel Mistero che esige l’ansia di vedere oltre, vedere dentro, vedere da ogni parte, col gusto e la curiosità di chi non ha altra passione. Perché, parafrasando un noto brano di Battiato, l’avvicendarsi delle stagioni o il germogliare dei fiori o il cadere delle foglie o l’acqua che scorre tra le rocce, non sono che le tracce della via che conduce a casa (F.Battiato, “L’ombra della luce”, 1991). E se già queste tracce sono così belle, quanto sarà meravigliosa la meta!Ecco cosa è interessante; ecco cosa dovrebbe incuriosire; ecco il fascino dell’esistenza, persino e proprio quando si fa più ardua, più faticosa e le lacrime rigano i volti e le domande si fanno brucianti.Come fa a non piacermi, a non stupirmi, a non turbarmi questa vita che sono io, questo Mistero che è ciascuno di noi?! Come è possibile non avere una vita interessante quando da mattina a sera sono l’incanto e la provocazione a condurci per mano, facendoci agire, iniziando sempre qualcosa di nuovo, persino nella morte?Siamo trasparenza di un Mistero che, volenti o no, è in noi, e che ci provoca a vivere ricchi di significato e mai meno che felici!Che scelta audace! Che scelta impegnativa! Eppure è senz’altro la più bella!