L’incredulità di Tommaso

“L’incredulità di Tommaso”
opera di Michelangelo Merisi detto Caravaggio

Leggiamo l’immagine:

  1. Al centro della scena, quattro teste ravvicinate, disposte a quadrifoglio: sono una croce fatta di volti, sono la comunità cristiana dove Gesù è presente secondo le sue promesse: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome (conta i personaggi in scena oltre Gesù), io sono in mezzo a lo-ro” (Mt 18,20); “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
  2. Il volto di Gesù è giovane, quelli dei discepoli portano il segno del tempo che passa (le rughe in fronte).
    Gesù ha un corpo e una veste luminosi, i discepoli hanno carnagione e abiti di colore rossiccio come quello della terra.
    Noi siamo “adamo” (che significa insieme “terra” e “uomo”), veniamo dalla polvere e ad essa ritorniamo; siamo creature fragili e provvisorie che camminano “nell’ombra della morte” (Lc 1,79): quanta malinconica oscurità in questo quadro, così come nei giorni che stiamo attraversando!
    Invece Gesù è il Risorto e “la morte non ha più potere su di lui” (Rom 6,9).
    Egli è l’eterno giovane, “è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8).
    È contemporaneo ad ogni epoca della storia perché lui “è, era e viene” (Ap 1,8); lui è “l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13).
    Lui è presenza luminosa che viene “a visitarci dall’alto come un sole che sorge per rischiara-re quelli che stanno nelle tenebre” (Lc 1,78-79).
  3. Le mani di Gesù.
    Una scopre il petto, scosta il panno come una tenda per lasciar vedere una ferita che attira lo sguardo di tutti. Una ferita aperta come una porta: lì si entra nel corpo di Gesù; lì si entra a comprendere il mistero della sua persona; dentro lì scopriamo chi è lui davvero. “Maestro dove abiti?” gli chiediamo come i primi discepoli; e lui ancora ci risponde: “Venite (entrate qui) e vedrete” (Gv 1,38-39).
    L’altra mano del Signore afferra con forza quella di Tommaso (e la nostra) e la trascina dentro la ferita. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32); “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37): così il vangelo ci parla del fascino irresistibile del Crocifisso!
  4. La mano di Tommaso (la nostra mano).
    Ricorda il gesto dei bambini che stanno imparando a leggere e scorrono le parole con il dito.
    Sì, quella ferita, prima che da toccare è… da leggere!
    Che si fa la domenica? Si apre (come la ferita di Gesù) il libro delle Scritture e lo si legge. Questo è il primo modo di toccare la verità di Gesù: leggere le Sacre Scritture; scorrere parola dopo parola con l’attenzione e la sorpresa di Tommaso (guardatelo in volto); entrare in profondità nel significato di quelle parole con l’esercizio della riflessione e della meditazione.
    Vuoi toccare la verità di Gesù senza mai prendere in mano il vangelo? Impossibile.“Se rimanete fedeli alla mia parola”, se ci incollate sopra occhi, orecchie, mani e cuore… allora “conoscerete la verità” (Gv 8,31-32): così promette il vangelo. Dopo aver “letto” la ferita, il dito di Tommaso affonda in essa fino a toccare la costola di Gesù. Dalla costola di Adamo è tratta fuori Eva. Dalla costola di Gesù nasce la Chiesa perché – ci ricorda Gv 19,34 – quella ferita è sorgente di acqua e di sangue che sono immagine del Battesimo e dell’Eucaristia: questi sacramenti, insieme agli altri, accendono e nutrono la fede. A che servono i sacramenti? A portarti davanti a Gesù, a toccarlo e a riceverlo nella tua vita (tu entri in lui e lui in te), e quindi poter dire: “Mio Signore e mio Dio!”. “Signore” è il nome comune di Dio, tutti possono pronunciarlo. Ma che quel Signore sia il “mio” Dio, il Dio con cui io sono entrato in relazione, che io ho sperimentato, che io ho vissuto… questo lo può dire soltanto chi, quella ferita, prima la legge e poi se ne abbevera.
    Ogni ottavo giorno dopo la Pasqua, ogni domenica, la Chiesa si riunisce a toccare con mano, nella Parola e nei Sacramenti, la verità del Signore Risorto. Solo così può continuare a “credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio” e ad “avere la vita nel suo nome”.
    Comincio a capire i primi cristiani: “Senza domenica non possiamo vivere!”.
    E comincio a non sopportare più queste domeniche senza Messa.
  5. Ultimi particolari:
    la mano sporca di Tommaso (c’è del nero sulle unghie); la sua veste stracciata sulla spalla e scucita nelle maniche; la sua posa barcollante (per stare in piedi appoggia la mano all’anca).
    La Messa non è per gente “a posto”, impeccabile ed esemplare.
    Gesù ti aspetta con le mani sporche del tuo lavoro e dei tuoi peccati.
    Ti aspetta vestito della tua vita quotidiana logorata dalle fatiche, dalle preoccupazioni, dalle delusioni.
    Ti aspetta con la tua fede vacillante, piena di dubbi e di incoerenze.
    Ti aspetta con tutte le tue miserie di uomo e di cristiano.
    Perché non s’aspetta la tua perfezione. Aspetta TE.
    Sennò per chi sarebbe risorto?